venerdì 9 settembre 2011

“Un chicco sì, un chicco no! Un chicco sì, un chicco no!”

Oggi è giorno di tempesta.
Mai come in queste occasioni la vita nei campi è molto difficile: il vento impazza tra l’erba piegandola tutta, le foglie strappate dagli alberi fanno a gara a librarsi nel cielo il più veloce possibile, la gocce di pioggia non risparmiano nemmeno un pezzettino della terra del campo seminato allagandolo tutto.

Giù, giù. Sotto, ma proprio sotto tutta i fili d’erba schiacciati al suolo, tra le zolle di terreno, c’è  ANT.
Ant è una formica mietitrice ,di quelle che raccolgono semi e poi li accumulano in camere speciali nel proprio nido.

Ant è lì che cammina sul terreno infangato e si tiene stretta al suo semino, con le enormi gocce di pioggia che le bombardano gli occhietti e le antennine.

“Un chicco sì, un chicco no!  Un chicco sì, un chicco no!”, va ripetendo Ant con grinta cercando di entrare nella fessura dell’ingresso del nido.

“Dai! Dai, Ant! Da questa parte! Vieni!”, dicono le sue amiche formichine, in pensiero perché ormai tutti al nido l’avevano data per dispersa nel campo.

“Fiuuu! Anche questa volta ce l’ho fatta. Sembrava proprio che non ce la potessi fare con questo chicco enorme. Bene! Un chicco sì, un chicco no”, dice Ant.

“Ah, Ah. Che ridicola Ant! Ma perché va in giro dicendo sempre “un chicco sì, un chicco no?”, dicono le amiche formichine che alla prima goccia caduta dal cielo avevano immediatamente abbandonato il campo per non bagnarsi le antennine.
Le formichine, come attività preferita, quando non sono al lavoro, preferiscono quello di … prendere in giro Ant.
E sì! Ma solo perchè Ant pensa al proprio lavoro con impegno e con serietà, perchè cerca di farlo al suo meglio, perché vuole accumulare semini sistemandoli in due mucchi: il mucchio dei semini “sì”, e il mucchio sei semini “no”.
Nessuno sa perché Ant faccia così, ma di sicuro è attenta e puntuale nel costruire i due mucchietti di semi. E, purtroppo, viene spesso derisa dalle altre piccole formiche.

Quest’anno il clima non sembra davvero buono, …, insomma non sta dalla parte delle formiche: c’è spesso tempesta nell’aria, il terreno diventa un enorme pantano, e raccogliere semi è davvero difficilissimo.
Non tutte le formiche si impegnano a raccogliere semi, solo Ant è così puntuale nell’uscire al mattino e nel rientrare dopo un po’ con due semini.
“Un chicco sì, un chicco no!  Un chicco sì, un chicco no!”, e poi via subito fuori a cercarne altri.

Ferragosto è un giorno splendido per le formiche. Da anni è il giorno più assolato della stagione e le formiche del formicaio del campo organizzano una grande festa al fresco del proprio nido alla quale partecipano tutte le amiche del circondario: le formiche rosse, le fosche, quelle del miele, le tagliatrici, le scacciatrici. Tutte lì.
Tutte le formiche del nido si adoperano per preparare la festa. Bisogna preparare la grande sala con festoni, tavoli imbanditi, palco per l’orchestra da ballo,…  .
Anche Ant prende parte ai preparativi e, come le sue amiche, ogni tanto ruba un po’ di dolce crema di semi di girasole nonostante i rimproveri delle formiche anziane che non permettono a nessuna di assaggiare cibo prima della festa.
Ma Ant non dimentica il proprio lavoro: tra un zampettata di crema di girasole e qualche tavolo spostato nella grande sala, trova sempre il tempo per andar fuori a cercare semini.
“Un chicco sì, un chicco no!  Un chicco sì, un chicco no!”

La festa di Ferragosto di quest’anno è bellissima, forse la più bella di tutte le feste. La formica regina è molto molto contenta. Tutte le formiche si divertono con i balli e con le succulente mangiate di creme dolci e salate.
Si divertono tantissimo. Tantissimo.
Finchè, però, non arriva una fortissima tempesta. La più forte di tutta la stagione!
La festa viene rovinata. Le formiche in fuga! Le celle del nido quasi tutte distrutte e il raccolto quasi tutto andato perduto!
Una vera rovina!

Fortunatamente il formicaio trova rifugio presso l’albero del miele, ma le perdite sono enormi!

Del nido resta ben poca cosa. Del raccolto solo pochi mucchietti di semi. Tra questi quelli di Ant, intatti.
“Un chicco sì, un chicco no!  Un chicco sì, un chicco no!”

Con grande gioia le formiche scoprono che i semi di Ant sono tutti ancora lì. Per fortuna!
La regina, felice per la notizia, chiede allora ad Ant perché dicesse sempre “Un chicco sì, un chicco no!  Un chicco sì, un chicco no!” tutte le volte che usciva a cercare semi.

E Ant risponde:
“tutte le volte che vado nel campo a cercare semi e mi impegno con fatica a portarli e conservarli nel nido penso al mucchietto che un bel giorno riuscirò a fare.
Ma penso soprattutto a quelle formiche bisognose che non possono lavorare come me e non possono provvedere alla crescita del proprio mucchietto di semi per l’inverno. Quindi, lavoro anche per loro!”
“Un chicco sì, un chicco no!  Un chicco sì, un chicco no!”


SEALAND

Vorrei qui sentire la brezza del mare
Per poter prendere la forza del tuo abbraccio.

Vorrei perdere il mio sguardo tra le onde
Per poter riprendermi la luce dei tuoi occhi.

Passano i cieli
Passa la terra
Lì dove cielo e terra si fondono, all’orizzonte.

Vorrei baciare la pioggia
E sentire di dare tanti baci alle tue labbra
Per sognare di averti
Tanto e per sempre
Per me.

lunedì 25 luglio 2011

DROP

Can you feel that drop leaving the sky
In a grey greasy greasy grey rain?

Can you feel footsteps splashing down into the water
In a grey greasy greasy grey well?


And you can watch the moon from the deep
Can catch the weak ray by the circle
And feel it strong inside.


Many times heard the wind blowing hard
In a golden field hair floating.
Look up into the sky -a swift snapshot-
A tube, a circle, a moon and my sky.

Can you feel the drop crashing down to the ground
Upon a grey greasy greasy grey stone?
Can you feel what is like to be alone
When feel far from the one you love?


And you can watch the moon from the deep
Can catch the weak ray by the circle
And feel it strong inside.


by Rael 1987

mercoledì 13 luglio 2011

NOTTE P

Ancora una volta le voci e le canzoni del CRE dell’Oratorio a svegliarmi al mattino.
Dopo un’altra notte di grande caldo: dormiveglia, rumori lontani, pensieri. Pensieri ripetuti, pensieri ripresi. Ricordi.
Il ricordo di lei che non c’è più. Non sembra ancora vero!
Nei giorni precedenti la sua mancanza si è scherzato insieme, come sempre, e l’argomento è stato “La linea della vita sulla mano sinistra”. La mia è lunga, molto lunga; la sua risultava breve, spezzata all’improvviso.

Ancora un’altra giornata di caldo. Caldo intenso, esagerato, in casa: 30 gradi. Solo un ventilatore a dare sollievo a me e ad Achille. Dopo aver messo i colliri ai miei occhi (tre colliri per tre volte al giorno per trenta giorni per una cheratite punctata), colazione, e via pronti per una nuova giornata con Achille.
Egli si è rotto una gamba e insieme facciamo riabilitazione: recupero del tono muscolare della coscia. Mobilità della caviglia, tanti esercizi, massaggi, docce riabilitative.
La giornata va via scandita così, intervallato, il tutto, da momenti di lettura e di gioco (risiko, playstation).
Anche Bully, la cavia peruviana, soffre il caldo intenso. Ieri notte le ho pulito la gabbia e questa mattina ha già disfatto tutto alla ricerca della frescura fornita dalla base in plastica della gabbia. Bully scandisce la sua giornata con le regalie di insalata che io ed Achille le facciamo fino a sera inoltrata.

Si cena, si va a letto. Ventinove gradi anche in camera da letto.
Quando c’era lei, prima di coricarmi, le inviavo il messaggio col cellulare “NOTTE P” e prontamente ricevevo la sua risposta: era lì ad aspettare il mio ultimo pensiero.
Anche quella sera, invece, da un po’ di tempo, … no! Finito, finito tutto.
Come quando ad un aquilone si spezza il filo e vola via sospinto dal vento.

Il mio cellulare acceso sul comodino, come ogni notte, ma muto.

I soliti rumori dalla strada che si perdono nella notte, gli occhi accennano a socchiudersi. Achille accanto a me si rigira nel letto e fa fatica ad addormentarsi. Sono notti proprio bastarde, queste: il gran caldo non dà proprio alcun sollievo.

Una vibrazione dal comodino! E’ il cellulare. Un messaggio. Forse uno dei soliti messaggi dell’operatore o della banca che arrivano solo e sempre a tarda notte!
E se è un messaggio dei miei o di mio fratello? Se è successo qualcosa?
Afferro il cellulare. Leggo: “NOTTE   P”  !!!!!!!!

Non può essere! È un errore. Uno scherzo. Un errore dell’operatore, un vecchio messaggio mai consegnato e rimbalzato nella rete giusto ora! Uno scherzo tecnologico. Di pessimo gusto! E’ una  bomba questo sms!
Ma è un errore, solo uno stupido errore! Una insolita combinazione di eventi tecnologici.

Poso di nuovo il cellulare sul comodino. Che colpo! Che emozione! Non credo che riuscirò ad addormentarmi questa notte, ormai. Penso alla strana combinazione tecnologica e al ricordo di lei, le cose fatte insieme, i luoghi visitati, le espressioni del suo viso che come in un documentario passano nella mia mente.

E se provassi a rispondere al messaggio? Ma sono matto!!
No, via, non è vero tutto questo!

E se fosse lo scherzo di qualcuno? Potrei smascherarlo! Ma di chi, come, e perché? Ma soprattutto solo lei ed io potevamo conoscere quel testo!

Un errore, uno stupido errore tecnologico!


Un’altra vibrazione. E’ arrivato un altro messaggio.
Non voglio leggerlo. Non voglio, non penso di farlo.

E se fosse un altro sms dei suoi?
Il cuore mi batte fortissimo, i pensieri e le combinazioni di pensieri si sommano.
Voglio leggerlo! Voglio leggere quel messaggio. Dico a me stesso “Vedrai che sarà una pubblicità!”
Non oso muovere il braccio verso il comodino. Ho paura, paura che sia un altro sms de isuoi. Sarebbe assurdo, impossibile!
Sarebbe terrorizzante!

Esitando, allungo il mio braccio verso il comodino. Afferro il cellulare. Sul display “1 messaggio ricevuto”. Premo il tastino. Leggo: “ANCHE  IO”!
Impossibile, impossibile, cazzo!!! Non può essere un altro errore dell’operatore!
Lei replicava sempre così al primo NOTTE  P” e io, anche, le rispondevo “ANCHE  IO”.

Tremo dall’emozione e dalla paura. Sì, ho paura! Terrore! Qualcuno mi dica che questo è solo un incubo!

Achille dorme.
Il cellulare è sul mio petto. L’ho posato lì per leggere prontamente un nuovo sms che spero non arriverà mai! Se arrivasse … impazzirei!

Un motorino passa per la via, il suo rumore si perde nel silenzio della notte e il caldo non diminuisce nonostante si stia con le due finestre della camera aperte.

E se provassi a rispondere? Sì, se rispondessi al messaggio?
In altre parole sto pensando di scrivere un sms a una persona defunta?
Sì, lo sto pensando! Una follia!
Ma se lo facessi e no ricevessi alcuna replica avrei la conferma di un errore; se ricevessi una risposta… se la ricevessi …., Dio mio, sarebbe pazzesco!
Ma perché, poi, tutto questo?

“Opzioni”, “Rispondi”. Scrivo “Chi sei?”. “Invia”. “Messaggio inviato”. Silenzio.

Il cuore batte all’impazzata e muove leggermente il cellulare che ho sul mio petto.
Trascorrono minuti, probabilmente i minuti più lunghi della mia vita!

Una nuova vibrazione mi scuote!
Leggo il messaggio: “LUNA”, era uno dei suoi preferiti della notte!!!!!
Ma non può essere lì, dall’altra parte! Non c’è, non esiste!
E’ morta!  Mortaaa!!

Un’altra vibrazione. Leggo: “Troppo caldo stanotte da non riuscire a dormire?
Nooooo! Non può essere!! Aiuto!! Aiuto. Tremo dal terrore e sudo, il mio sudore cola dalla fronte e dalle spalle.
Vorrei chiamare Achille in aiuto. Sto male, il cuore impazzito e il respiro affannoso.
Che qualcuno mi aiuti!



Silenzio. Passa un po’ di tempo. Credo un’ora circa. Nessun altro messaggio.
Vorrei non pensare a questa storia ma è forte, troppo forte per me.
Solo lei poteva scrivere in quel modo. Qualcuno, sì, può aver preso il suo cellulare e ora si burla di me, ma so per certo che lei non salvava i nostri sms. E non posso dubitare che non sia morta. No, questo è proprio un pensiero folle!

Non ricevo sms da tempo ormai in questa notte….
…e se rispondessi al suo ultimo?
Pausa. Silenzio.
La mia mente smuove i pensieri come un frullatore. Il cuore riprende a battere velocemente.
“Opzioni”, “Scrivi nuovo messaggio”: “Sai che non amo il caldo. Come stai?”. “Invia”. “Messaggio inviato”

Silenzio. Questa è la prova del nove, se risp………………. Vibrazione! Leggo: “Ricordo bene che non ami il caldo. Io sto bene, qui.
Oddio! Ha risposto davvero! Comunico con lei, con una morta!
Panico!
Vibrazione. Leggo: “Non temere
Rispondo: Dove sei?
Vibrazione. Leggo: “Sono qui davanti a te ma tu non puoi vedermi”.

Grido: aaaaaaagh! Achille si sveglia e cerca di confortarmi ma anche lui si terrorizza nel vedermi così agitato.
Pazzesco, pazzesco, è tutto pazzesco!!
Di istinto lancio il cellulare fuori dalla finestra, in strada.
Dopo qualche secondo passa un bus –ormai è quasi l’alba- e sento il rumore del cellulare schiacciato dalle pesanti ruote.

Con fatica, mi addormento.

Mi sveglio alle 09.34, come risulta sul display della radiosveglia.
Mi alzo e mi affaccio alla finestra.
Sul muro della casa di fronte una scritta, grande, di vernice nera:  NOTTE  P.

martedì 12 luglio 2011

SONO FINITO IN UNA BARA

Sono finito in una bara!

E’ buio qui dentro. E’ freddo. Che silenzio!
Sento di essere sdraiato, orizzontale,. E’ duro sotto di me. Tocco, tasto: legno. Legno grezzo. Sento con i polpastrelli delle mie dita le fibre, le striature del legno, schegge.
Respiro, benché con difficoltà; ma … sembro vivo! Almeno sembra che sia così!

O sono morto?!

Cosa è tutto questo, come sono finito qui?! Se riesco a pensare, allora non sono morto. O magari sì, ma la mia mente funziona ancora.
E  se tutto questo fosse, da morto, il momento del “passaggio”, il corpo non ha più vita e sta per entrare nell’”altra dimensione”?! Quale? Dove sto andando?

No. Sono qui. Non vado da nessuna parte ,accidenti!
Sono qui.
Ora sento che il legno sotto di me comincia a inumidirsi. Allora sono sotto terra!!
Comincio a sentire l’odore di umido, di terra. E fa più freddo.

Ma che giorno è?! Da quanto tempo sono qua, e se sono morto giorni, ore fa e non mi hanno sepolto, e ora invece mi sono svegliato?
Porca puttana! Fatemi uscire! Che ci faccio quiiiiii!!!

Muovo i piedi, su giù, destra sinistra. Le gambe in su e le punte dei piedi toccano la parete della bara. Con le mani tocco le cosce, mi do un pugno alla gamba destra e sento il dolore fisico. Allora sono vivooo!!!!!
Provo a chiamare aiuto. Grido! Urlo! Ma non sento voci, non sento alcun rumore. Qui tutto è silenzio, tutto è buio, e freddo, sempre più freddo e umido.





Credo di aver dormito. Mi sono svegliato ora. Speravo di addormentarmi e di risvegliarmi da un incubo. Invece sono qui! Avrei sperato di essere svegliato da un rumore per capire che ero vivo e per urlare a qualcuno la mia presenza.
Invece no! Solo silenzio. Solo buio. Avrò le pupille dilatate al massimo. Tengo gli occhi aperti e quando penso, come ora sto facendo, li giro nelle loro orbite, e a volte li chiudo per farli riposare. Che strano: gli occhi qui non mi servono a nulla, eppure … sulla terra sono tutto!: puoi osservare, mettere a fuoco, perderti con lo sguardo, e anche parlare con gli occhi per esprimere i tuoi sentimenti, per cercare chi desideri che in quel momento possa stare con te. “Incrociare gli sguardi”.
Qui no. Non posso vedere nemmeno me stesso!
Sento l’odore di me ,sempre più forte perché il tempo passa e non posso lavarmi.
Il tempo passa. Sarò qui da ore, o giorni!!

Provo a cantare, che acustica qua dentro! Non devo nemmeno far fatica per tenere il volume.
“All this feels strange and untrue and I won’t waste a minute without you. My bones ache my skin feels cold and I’m getting so tired and so old.” Fantastico. Sono in uno studio di registrazione! Che acustica! “Tell me that you’ll open your eyes! Snow Patrol! Questa è stata la canzone che ho cantato e suonato con i ragazzi  al concerto per Abruzzo. Che roba! Che serata!
Piango. Mi addormento.
Mi sveglio.
Sono in una bara!
Cazzo! Ma allora è vero!
Sempre più freddo e umido. Strofino i piedi per riscaldarmi. Ma …… ho ancora le scarpe da ginnastica! Non mi hanno tolto quelle! Ma perché sono qui?!

Che strano, non ho fame. Eppure di solito quando non mangio comincio a …”sognare i prosciutti”, come sono solito dire.

Non so più se sono in un’altra dimensione e tutti i segnali che ricevo (umidità, odore legno, ..)  sono finzione, o sono davvero sotto terra. E se fosse così, davvero sotto terra, non posso proprio uscirne?
Provo a spingere con le mani la parete superiore della mia bara. Duro, pesante, non si muove. Potrei consumare il legno con le unghie, poi spaccare la superficie legnosa e poi scavare verso la superficie. Già, ma quanto terreno dovrei scavare, per quanti metri? A quale profondità si deve seppellire una bara? 3 4 metri? Nei film si vede che una persona ci sta dentro in piedi in una fossa. Quindi saranno più di due metri almeno.

Ma che discorsi. Non ce la farei mai!
“Tell me that you’ll open your eyes. Tell me that you’ll open your eyes”. Canto.
Mi addormento.






Mi sveglio al pensiero dei miei. Chissà se sono ancora vivi. La mia mamma, le sue campane di santi, mio padre e la sua città irrinunciabile! Li ho scoperti da vecchi, ma forse erano vecchi già da prima.
Ricordo la luce, gli odori, il caldo dei brevi viaggi giornalieri al mare con il maggiolino. Le case basse bianche, le strade con poche auto. Le canzoni anni ’60. “Luglio col bene che ti voglio …”. La spensieratezza da bambino.

E Achille? Mio figlio. Forse è accanto a me, qui, sotto terra anche lui. O no! Spero di no! Lui, i suoi lunghi capelli biondi e gli occhioni azzurri. La sua musica, la batteria, la chitarra, ieri ha masterizzato un cd per farmi ascoltare le sue ultime preferite in auto. L’ho accompagnato a lezione di batteria alle 18.  Ieri.
Ma allora è passato un giorno! Ieri! Sono qui da ventiquattro ore? Così poco? Mi staranno cercando?!
Che dico. Sono qui accidenti! Qui sotto terra! Al buio.

Achille. Se sono trascorse più di ventiquattro ore può essere anche che io sia qui da mesi, anni. Avrà tenuto il concerto col suo gruppo? Doveva farlo il 2 di giugno. Sarà andato bene, arrangiato ma bene. Sarà stato contentissimo!
E a scuola, avrà iniziato la scuola superiore? Avrà ascoltato i miei suggerimenti? Come al solito, no. Magari avrà trovato la sua dimensione scolastica e …faville!!
Mah!
Mi manca, tanto! Tantissimo!
Sono solo qui e fa freddo!
Mi addormento.



Sono sveglio.
Ho dormito. Forse ho anche sognato.
Devo aver dormito profondamente ma sono stato svegliato dal freddo. E’ freddo qui dentro! Ed umido. E buio, tanto buio.
Se non tocco le pareti della bara con le mani ho l’impressione di essere in un grande spazio vuoto, come un capannone industriale.. alcune volte ho l’impressione di essere sulla cima di una montagna, al buio, di notte, in bilico, tra vertigini e “carezze” del vento.
Ma qui dentro il vento non c’è.

-         Ciao!
-         Chi sei?
-         Sono Jack!
-         Jack? E da dove sbuchi?
-         Di qua! Perché tu da dove vieni fuori?
-         Sono qui, da sempre!
-         Come da sempre? Nato e vissuto qui dentro?
-         No! … non so.  … forse. Non credo. Ma tu che ci fai qui? E da dove vieni?
-         Io sono qui, da sempre!
-         Impossibile, ci sono io, qui, da sempre. Sì, insomma, da un po’ di tempo.
-         Ma dai! Possibile che tu non ti sia mai accorto di me?
-         TU, qui? Jack? Ti chiami Jack, giusto?
-         Sì. Jack! Sono Jack e sono qui perché ci sei tu. Tu sei qui dentro e io sono con te.
-         Tu con me, o sei parte di me?
-         Io sono te ed esisto perche tu sei!
-         Io sono? Cosa? Voglio riposare, scusa.
Mi addormento.




-         Ciao
-         Ciao Jack! … sei ancora qui?!
-         Certo! Dove vuoi che vada!? Non posso andare via! Sono qua! Io sono qui finchè tu sarai qui.
-         Non capisco. Ma, ascolta, va bene così! Cosa vuoi che faccia?, … che dica? …. Sono qui dentro, in questa bara! Non vedi?
-         No, non vedo! Perché tu riesci a vedere?
-         Non prendermi in giro, Jack! Porca miseria! Che ci facciamo qui dentro?
-         Ah, non lo so. So solo che io sono qui perché ci sei tu. Ignoro il motivo per cui tu sia qui!
-         Jack? Sono stanco. Stanco di essere qui, vorrei dire stanco di … vivere!
-         Stanco di vivere? Ma stai scherzando? Tu morto? Ma nemmeno per …sogno! Sei Eloisa e tu esisti!!!
-         Eloisa? Sono femmina?
-         Ah, non lo so! Ma il mio docente di filosofia ha suggerito questo nome. E a me piace!
-         A me no! Io non sono femmina!
-         Come fai a dirlo?
-         Guarda! … sì, “guarda!” Mi tocco! Ed è qui! Sentilo!
-          Senti cosa? Sei certo di ciò che tocchi? Sei certo della tua fisicità?
-         Certo, accidenti! Tocco le pareti della bara, tocco il mio corpo!
-         Non tocchi nulla in realtà, Eloisa. Tu esisti, e basta.
-         Esisto?
-         Sì, esisti, e questo è il tuo destino! Tu esisti e devi continuare a esistere!
-         Voglio davvero farlo? Voglio continuare a essere, ad esistere?
Sono finito in una bara, Jack!!